di Eridan
Venerdì 26 febbraio sono scesi in piazza genitori, studenti, personale scolastico e docenti contro l’ultimo decreto di Bonaccini che ha sancito la creazione della “zona arancione scuro” per tutta la Città Metropolitana di Bologna e per parte della Romagna.
Una misura che ha subito indignato le famiglie degli alunni e i lavoratori e lavoratrici delle scuole, costretti a tornare in regime di didattica a distanza, i cui effetti deleteri sono stati denunciati in ultimo dallo stesso Ordine degli Psicologi. Contro questo provvedimento si è mobilitato fin da subito il movimento Priorità alla Scuola, nato da associazioni, sindacati e singoli gruppi di genitori, docenti e studenti delle scuole superiori. Presenti in piazza rappresentanze di tutte le scuole di Bologna, dagli studenti delle elementari a quelli delle superiori.
Abbiamo colto l’occasione per fare alcune domande a Paolo, uno dei referenti di Priorità alla Scuola Bologna:
-Perché siete scesi in piazza contro la zona arancione scuro? Quali misure ritenete che la Giunta regionale dovrebbe porre in essere per contrastare la pandemia?
La Giunta Regionale già da mesi non ascolta il piano che stiamo proponendo per mettere il più possibile in sicurezza la scuola e non solo. Abbiamo dovuto estorcere a furia di manifestazioni la possibilità di poter usufruire del tampone antigienico ogni due settimane e la nostra richiesta era che si facesse nelle scuole e che non fosse demandata ai singoli il compito di andare in Farmacia a prenotare ogni 15 giorni. Abbiamo più volte chiesto del personale che facilitasse gli accessi sugli autobus, avendo notato che spesso alcuni di questi partivano vuoti, mentre quello passato due minuti prima era pieno.
Oggi sappiamo che la Giunta Regionale ha come unica opzione che differenzia la zona arancione dalla zona arancione scuro la chiusura delle scuole. Rimangono aperte tutte le attività commerciali, ma non si può passeggiare. Rimangono aperti i capannoni della bassa (dove ci sono già stati momenti in cui si creavano focolai), ma non si può andare a trovare un parente. Si impedisce lo sport, ma vediamo crescere palazzi e palazzotti nella città a ritmo martellante. Che si diano le sacrosante tutele economiche ai lavoratori e alle lavoratrici di quei settori, ma si difenda il diritto all’istruzione. Alla Regione chiediamo di mettere la scuola al centro delle sue politiche. Non in fondo alle priorità.
-In merito a Priorità alla Scuola, in piazza abbiamo visto studenti, genitori, educatori, docenti e personale scolastico: come è stato possibile che si creasse un movimento così eterogeneo? Quali credete siano le cause?
Ci siamo sempre posti come “comunità educante”, ossia come una comunità che comprendesse tutti i soggetti della scuola. È difficilissimo perché per la sua struttura e per i ruoli che ci vengono conferiti spesso siamo in contrasto tra noi. Lo studente è spesso in contrasto col docente che difficilmente accetta le critiche dalla famiglia. Ciascuno ha le proprie motivazioni. Ma l’unione di questi soggetti è possibile se crediamo in una società che mette i processi di apprendimento al centro. Tutte e tutti ci siamo rese conto che la DAD non funziona, anzi, è il veleno che non ci consente di vedere che la scuola è chiusa. Tutte e tutti subiamo questo malessere. Non solo: tutte e tutti ci stiamo rendendo conto che la chiusura della scuola non funziona, non è questo che aiuta a far scendere in modo significativo i contagi. L’ha detto anche Pandolfi, direttore del Dipartimento di sanità pubblica di Bologna: il rapporto tra tamponi e positivi nella scuola è intorno al 5%, nel resto della società è il doppio.
-Quali saranno le prossime iniziative di Priorità alla Scuola Bologna?
È prevista una manifestazione nazionale (probabilmente il 26 marzo) per affrontare il tema della scuola del futuro, perché questo Recovery Fund ridisegnerà probabilmente l’istruzione dei prossimi vent’anni. Solo che il piano proposto dal Governo Conte-Bis (di cui Patrizio Bianchi, neo-ministro all’istruzione, era stretto collaboratore) è drammatico. Abbiamo proposto un contro-piano in cui si parla di fine delle classi pollaio, di aumento del corpo docente, di edilizia scolastica, di burocrazia più fluida. Dobbiamo lottare per cambiare il piano.
Questa nuova ondata di chiusure però ci pone un urgenza. Scenderemo in piazza a brevissimo. All’inizio della settimana ci sarà l’assemblea cittadina e capiremo in quali modi agire. Di certo dovremo lottare con questa doppia temporalità: per il presente e per il futuro.
La lotta è lungi dall’essere finita, nel frattempo oggi i/le Giovani Comunisti/e di Bologna in un comunicato hanno ribadito come la zona arancione scura sia: “Una misura ipocrita che ben rappresenta i veri interessi della classe politica, di centrosinistra e centrodestra, che governa la Regione e l’Italia. In una fase in cui non sono mai stati fermati interi settori come la logistica, in cui numerose aziende non rispettano le norme di sicurezza, in cui il piano vaccinale stenta a procedere a causa dei ricatti delle multinazionali del vaccino e dei tagli alla sanità operati negli ultimi 10 anni, il problema per certi dirigenti pare essere la scuola.”