La Sea Watch e noi

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di Andrea Strambaci

Nei giorni scorsi la nave Sea Watch 3 capitanata da Carola Rackete ha soccorso 42 migranti che poi sono stati costretti per due settimane a stare in mare per l’ordine di tenere i porti italiani chiusi. Solo successivamente, le condizioni disumane a bordo, hanno fatto in modo che il capitano della nave prendesse la decisione di forzare il blocco navale così da cercare di attraccare in un porto sicuro, Lampedusa nella fattispecie.

Anticipo fin da subito che io sto con Carola e sono vicino ai quarantadue migranti da giorni costretti in quella nave.

L’opinione pubblica impazzisce, non si può e non si deve infrangere la legge, che importa se questa viola i diritti fondamentali degli individui a bordo.

Il gesto di Carola è di un’umanità che di questi tempi ci da speranza, nonostante ciò però viviamo nel paese in cui queste iniziative fanno prendere consenso al ministro dell’Interno Matteo Salvini, perché?

Il populismo cerca sempre di semplificare il più possibile le questioni – principalmente temi che preoccupano le persone nella vita quotidiana – così da essere trasversale e raggiungere un elevato numero di persone, di qualsiasi classe sociale. La questione migratoria è un tema che in Italia ha fatto molto breccia, specialmente nei contesti sociali più disagiati come le periferie, perché l’accoglienza se non è seguita da appositi programmi di inclusione sociale è inefficace e può portare chi vive ciò a delinquere. A dimostrazione che i diritti civili devono necessariamente andare di pari passo con quelli sociali.

Così il populismo riesce ad abbracciare le classi sociali più disagiate, presentandosi come anti-sistema, mettendo in discussione il meccanismo di accoglienza che si è creato precedentemente, seguendo uno schema preciso, banalmente, nelle frasi da utilizzare come “Chi paga le ONG per trasportare i migranti?” ad esempio, trovando così l’ennesimo nemico nel perenne campo di battaglia della campagna elettorale. Ma se come detto, il populismo trova l’approvazione delle classi sociali più disagiate, trova anche quella delle elites e della classe media.

Ne sono la prova provvedimenti come la Flat Tax ad esempio, manovra economica impopolare che trova il consenso nazionalpopolare, paradossalmente.
In tutto questo non mi stupisce se classe media o alta scelgono il populismo, perché loro, in particolar modo chi detiene il potere economico, ne usciranno comunque vincitori. Chi mi stupisce è invece la parte della popolazione più povera, quella che fatica a mettere insieme il pranzo con la cena e ad arrivare a fine mese, che riesce a godere di una manciata di migranti in mezzo al mare in condizioni pietose, invece di solidarizzare con chi, proprio come loro, fa parte dei diseredati di questo mondo.

Perché il fenomeno migratorio, piaccia o no come narrazione, è un problema anche del modello di produzione capitalistico. È il capitalismo che ci dice di fare guerre per le risorse del nostro pianeta, per averle ad un prezzo vantaggioso e per il progresso dell’occidente, che crea le condizioni affinché avvengano i cambiamenti climatici così da avere anche i “migranti climatici” e che divide il mondo tra oppressi ed oppressori.

Tenere qualche migrante in mare non migliorerà la vita degli ultimi italiani, ma mettere in discussione ed abbattere un sistema che vuole tutto ciò invece lo farà. Trent’anni di controrivoluzione liberista vi ha fatto mettere seduti e comodi sul vostro benessere, non curanti del fatto che prima o poi la bolla sarebbe scoppiata, nonostante ciò però è bene che le lotte degli ultimi italiani si uniscano a quella dei migranti, perché la questione rimane sempre e solo di classe.

Ben vengano quindi Carola, la Sea Watch e i migranti a bordo, perché oggi fanno emergere le contraddizioni del nostro modello di sviluppo e ci fanno vedere quello che nessun benpensante voleva vedere, il peggior volto del capitalismo.

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