Bongarzone: una Ravenna che guardi a giustizia sociale e ambiente

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di Michael Farina (GC Ravenna)

Alcune domande al candidato sindaco della lista “Comunisti Uniti”, Alessandro Bongarzone, per le elezioni comunali a Ravenna.

Il porto è un’infrastruttura fondamentale per l’economia ravennate. Per permetterne lo sviluppo si parla di un progetto per aumentare la profondità del fondale. Cosa ne pensi?

Ma mi faccia il piacere! direbbe Totò. In questi due mesi di Campagna elettorale ho ascoltato decine di amenità di “esperti” che discettavano tra i 12,5 metri e i 14,5 metri di fondale per “sentito dire” convinti delle loro affermazioni per far diventare il porto di Ravenna il centro delle attività commerciali italiane.

Io – mi dispiace per chi aspetta lo scoop – non ci casco e mi limito a dire che lo sviluppo di un porto dipende più dalle infrastrutture viarie e ferroviarie che dal fondale. Dove mettiamo le merci in attesa di essere smistate? Dove le carichiamo per farle arrivare a destinazione? Quanto tempo ci mettono per arrivare a destinazione, appunto. Quanto ambiente modifichiamo irreparabilmente per raggiungere un obbiettivo di “sviluppo pur che sia”? Sono solo le prime domande che mi vengono in mente. Rispondere a queste domande farà la differenza tra uno sviluppo equilibrato ed uno “pur che sia” in spregio dell’ambiente e delle persone.

Sono molte le piccole attività che negli ultimi anni sono state chiuse nel centro storico. Nel mentre non è mancata la costruzione di nuovi GDO. Come ritieni si possa far fronte al problema?

C’è stato un fiorire di ipotesi e analisi – alcune folcloristiche davvero – che, di volta in volta, hanno individuato nella crisi pandemica; nell’inverno demografico; nel sistema fiscale, nella crisi economica che ha colpito le famiglie, la ragione della chiusura di molti negozi. Purtroppo il “deserto è figlio di tutto questo insieme ma, soprattutto, noi “Comunisti Uniti”, siamo convinti che la responsabilità stia nel sistema di potere che ha favorito la Grande Distribuzione Organizzata a scapito della prossimità, del servizio alla Comunità. Un sistema che, privilegiando l’illusione dei grandi numeri di un’occupazione precaria e di scarsa qualità, ha prodotto il risultato di un abnorme consumo di suolo e la distruzione della coesione sociale. Come se ne esce? Ripartendo dalla Comunità, appunto, bloccando i 5 megastore previsti e favorendo, in sostituzione delle antiche “botteghe”, Cooperative di Comunità promotrici di nuove prossimità in risposta ai nuovi bisogni di una società sempre più “adulta”.

Ravenna è una città con molti siti UNESCO, caratteristica che la rende un’ottima città per il turismo. Come credi si possa potenziare quest’ultimo, anche attraverso i proventi della tassa di soggiorno?

Non basta avere 8 siti patrimonio dell’Umanità per essere una città “vocata” al turismo. Guardando i numeri dei pernottamenti medi in città. Infatti, Ravenna si salva solo grazie al “turismo balneare” che porta l’1,9 a 6 notti la permanenza media dei turisti in città. Siti patrimonio dell’Umanità, l’uno sconnesso dall’altro e privo del supporto di eventi, sono solo “punti” su una mappa. Noi crediamo che vadano moltiplicati gli eventi riportando ad unità “storica” tutti i siti connettendoli come in un grande percorso storico, letterario, artistico.

La tassa di soggiorno può essere un buon modo per reperire risorse aggiuntive che evitino strane forme di abbuono a questa o quella categoria imprenditoriale in nome di chissà quale miraggio di miracolo occupazionale assolutamente improbabile e, comunque, non collegato all’abbuono.  

Le coste ravennati sono costellate di trivelle per l’estrazione del gas metano; estrazioni che non rientrano in un contesto di transizione ecologica. Cosa prevedi di fare riguardo?

Siamo alle solite. L’ambiente come elemento residuale del “Programma”. Un’appendice fastidiosa perché giovani, ambientalisti e rompiscatole continuano a credere nei cambiamenti climatici. Noi, con Chico Mendez, eco-socialisti del 21° secolo, siamo convinti che l’ambientalismo senza la lotta di classe sia solo “giardinaggio”. Noi, Comunisti Uniti, siamo convinti che non possa esistere giustizia sociale senza giustizia ambientale e, per questo motivo, il nostro Programma ha come centro la “riprogettazione della vita degli umani che sia sostenibile dal creato”. Noi diciamo NO ad ogni iniziativa ci tenga ancora attaccati ai tubi: elettrici o del gas che siano. Basta con le trivellazioni, con le estrazioni, con il trasporto – in giro per il pianeta – di combustibili: abbiamo poco tempo, meno di 10 anni per renderci autonomi e staccarci dal tubo. E soprattutto, siamo convinti che solo cambiando il paradigma “sfruttamento-accumulazione-profitto” si possa uscire da un lavoro che impoverisce restituendo dignità di Persone” a milioni di esseri umani!  A Genova, vent’anni fa avevamo ragione NOI! E, se allora, dicevamo che un altro mondo era possibile oggi non possiamo che affermare che “un altro mondo è inderogabilmente NECESSARIO”!

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