di Redazione
Stamane è morto a causa del Coronavirus, contratto il 25 febbraio, lo scrittore e rivoluzionario cileno Luis Sepúlveda, tra i suoi romanzi più noti “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” e “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”.
Militante della JJCC, la Gioventù Comunista Cilena e poi del Partito Socialista, partecipò ai GAP, la guardia personale del Presidente Allende, arrestato, torturato ed espulso dal regime di Pinochet, si stabilì in Europa. Combattè nell’Esercito di Liberazione della Bolivia e durante la rivoluzione sandinista in Nicaragua.
Sulla paura di morire per la sua militanza politica, dichiarò in una intervista a Repubblica: “Sono morto tante volte, se è per questo. La prima quando il Cile fu stravolto dal colpo di Stato; la seconda quando mi arrestarono; la terza quando imprigionarono Carmen mia moglie; la quarta quando mi tolsero il passaporto. Potrei continuare. […] C’ho fatto l’abitudine. E poi la vera saggezza è sapere quando le cose finiscono. Soprattutto uno scrittore deve sapere quando dire basta. Non ripetersi. Perché scrivere deve essere un gesto libero e non una condanna”.
Scrisse delle rivolte avvenute negli ultimi mesi in Cile:
“Con Sebastián Piñera, il paese è stato definitivamente ceduto alla voracità degli uomini d’affari e delle multinazionali, cosa che ha cominciato a forgiarsi durante la dittatura e che in seguito è stata intensificata da tutti i governi post-dittatura. Seminano povertà, precarietà, abbandono, disperazione, convinti che la forza del potere abbia anestetizzato per sempre gli abitanti della nazione meridionale. Finché la rabbia non è scesa in strada per dire “Basta!”.
[…]
E la gente, quella gente di tutte le età e condizioni, scossa dalla sonnolenza del fatalismo, è ancora in strada con un chiaro e legittimo desiderio di recuperare la propria dignità. E il primo passo del vero cambiamento è porre fine all’odiosa costituzione scritta dalla dittatura, formare un’assemblea costituente in modo che sia il potere dei liberi cittadini a decidere e sanzionare una nuova costituzione di una nazione dignitosa e sovrana.
Ecco perché sono ancora per le strade, e continueranno, perché in Cile i grandi viali hanno cominciato a riempirsi di vita dignitosa.”
Ha lottato fino alla fine contro il Coronavirus così come ha lottato in tutta la sua vita per la causa della libertà dei popoli e degli oppressi di tutto il mondo.