Caso Carabinieri di Piacenza: nulla di nuovo sotto il sole

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di Vittorio Savini

Ha fatto sgomento la notizia di questi giorni relativa all’operazione Odysseus, che nella città di Piacenza ha smascherato il comportamento disgustoso di sei carabinieri che, approfittando dell’uniforme, commettevano soprusi di ogni tipo, dall’estorsione allo spaccio di sostanze precedentemente sequestrata, dalla violenza perpetrata solo per il gusto di farlo al possibile coinvolgimento di cosche malavitose.

Questa vicenda porta a molte riflessioni che noi Giovani Comunisti/e sosteniamo ormai da anni, già solo a partire dalle dichiarazioni relative all’accaduto. La vicenda, infatti, ha lasciato sotto shock il mondo della destra reazionaria, che sulla figura delle forze dell’ordine ha costruito un mito da martirizzare: ci sono state le dichiarazioni della sindaca Barbieri, di Giorgia Meloni e di altri di FdI e al coro, ovviamente si è unita anche la Lega.

Dichiarazioni bene o male tutte uguali che nella sostanza presentavano lo stesso messaggio di fondo: le azioni di pochi non devono compromettere il buon nome delle nostre Forze dell’Ordine.

Questo discorso, apparentemente corretto e sensato, nasconde una gigantesca ipocrisia di fondo: fa ridere sentire dichiarare ciò dalle stesse persone che, se un migrante per disperazione commette un crimine, inveiscono contro tutti i clandestini urlando all’invasione e i complotti sulla sostituzione etnica; queste sono del resto le stesse persone che di fronte a vicende come quella di Stefano Cucchi banalizzano gli avvenimenti uscendosene con sparate del calibro di “Questo dimostra che la droga fa male”.

Inoltre non c’è da dimenticare che il problema della violenza e della brutalità delle Forze dell’Ordine non riguarda i singoli, ma l’intera istituzione: ci sono infatti molti poliziotti che fanno il loro lavoro rispettosi del loro ruolo e delle leggi, ma le Forze dell’Ordine come istituzione in se rimangono un baluardo della brutalità e dell’oppressione in cui viene insegnato a reprimere anche in maniera brutale.

In questa condizione non si può semplicemente condannare chi ha sbagliato, siamo arrivati ad un punto nel quale per i Carabinieri servono controlli più stringenti, ma soprattutto vanno riformati pesantemente.

Nelle varie sparate dei reazionari di destra ritorna di continuo la parola “inaspettato” e viene sempre detto che nessuno se lo sarebbe mai immaginato: che le Forze dell’Ordine siano violente lo sappiamo da sempre, è quasi ironico che ciò accada nei giorni dell’anniversario del G8 di Genova, che invece non si sapesse nulla su questa vicenda nello specifico fa storcere il naso, dato che andava avanti da anni, che vi erano incompatibilità tra il loro stile di vita e il loro stipendio e che questi Carabinieri avevano comunque dei superiori e delle persone attorno.

Probabilmente qualcuno ha taciuto.

A Piacenza inoltre le Forze dell’Ordine hanno già in passato dimostrato comportamenti discutibili e criminali: come nel 2013 quando quattro agenti della questura furono arrestati per il coinvolgimento in un giro di prostituzione e cocaina, o come nel 2018 quando alla manifestazione contro l’apertura della sede di CasaPound in via X Giugno la Polizia si schierò insieme ai fascisti e nella forza represse i manifestanti antifascisti.

Vergognosa poi la dichiarazione del giornalista Daniele Martinelli, il quale incentra il suo post di Facebook sul fatto che i sei carabinieri imputati siano tutti meridionali; dimostrando così che un certo stereotipo, quello del meridionale criminale, non è ancora superato.

Questa vicenda infine, soprattutto se si pensa alla possibile alleanza con la ‘Ndrangheta, a Piacenza già presente da qualche anno, può essere davvero un’opportunità per riflettere sulla necessità di depenalizzare il possesso di stupefacenti e di lavorare davvero per la legalizzazione delle droghe leggere: Piacenza è uno degli snodi più importanti dello spaccio a livello Europeo, per evitare che le mafie possano accrescere il loro potere e per fare in modo che non capiti mai più che dei carabinieri vendano della droga precedentemente sequestrata la soluzione non è demonizzare il consumo e i consumatori, ma è al contrario la via dell’antiproibizionismo.

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